Qui di seguito il testo dell’articolo.
Addio, cari Pini d’Aleppo e Tigli di via Battista Grassi e Louis Braille, la bella e ampia strada (quella della ex Centrale del latte, come la conoscono i catanesi) con il marciapiede est non più alberato come un tempo. Venticinque anni fa, esattamente il 6 febbraio del 1996, il nostro giornale pubblicava un articolo a firma di chi scrive che l’indimenticabile capocronista Vittorio Consoli titolò “Via Battista Grassi, un esempio di strada con verde mediterraneo”. Ebbene, oggi, il “verde mediterraneo” di via Grassi non esiste quasi più, perché negli ultimi tempi sono stati abbattuti ben sedici esemplari di Pino d’Aleppo (Pinus halepensis) e sono quasi del tutto scomparsi i Tigli sostituiti da alberelli di Minicucco, nome dialettale del Bagolaro. Come è potuto succedere questo stravolgimento della fisionomia arborea della strada in un quarto di secolo? Perché alberi che possono raggiungere un’altezza di 20 metri e vivere fino a 250 anni, considerati tra i più resistenti e in grado di sopravvivere al caldo dei mesi estivi e di sopportare pure lunghi periodi di siccità sono stati abbattuti, tagliati alla base? Semplicemente, perché a causa del loro portamento contorto e deforme, con la chioma espansa e irregolare, sono stati ritenuti pericolosi, a rischio di schianto al suolo perché il “tronco non era in asse”, come riferitoci, ieri mattina, dagli operai della Catania Multiservizi cui è stato impartito l’ordine di abbattimento da parte della dirigente del Servizio Tutela e gestione del Verde pubblico del Comune di Catania, arch. Marina Galeazzi. È noto che alla dirigente comunale sta molto a cuore l’incolumità fisica dei suoi concittadini, minacciati, a suo modo di vedere, dai numerosi alberi sparsi nelle aiuole di strade, piazze e giardini pubblici cittadini, diventati improvvisamente autentici killer. Agitando, infatti, lo spettro di uno schianto (e, diciamolo senza perifrasi, per proteggersi pure da eventuali fastidi giudiziari che ne dovessero derivare in caso di danni a persone e cose), l’ineffabile dirigente in parola non esita a ordinare capitozzature e, facendosi forte delle relazioni di tecnici esterni che sottopongono gli alberi a prove di trazione, dà ordine di abbattere tutti gli alberi che non rientrano nei requisiti di stabilità. Abbiamo provato, nella tarda mattinata di ieri, a metterci quattro volte in contatto telefonico con l’arch. Galeazzi per sentire le ragioni di questo ennesimo taglio di alberi, ma fino al momento in cui scriviamo non è arrivata alcuna telefonata che pure si era impegnata a farci.
Sempre in via Grassi-Braille, alla Multiservizi sono stati ordinati pure altri interventi cesori, come la drastica potatura, al limite della capitozzatura, di cinque giovani Minicucchi messi a dimora nelle aiuole dove prima c’erano i tigli. Ancora una volta, sfugge alla nostra comprensione la logica di simili interventi. Costituisce, piuttosto, un attentato alla sicurezza dei pedoni il marciapiede dissestato e deformato dalle radici degli alberi in prossimità delle aiuole: è un intervento non più procrastinabile se si vuole evitare che qualcuno finisca all’ospedale.
Spostandoci all’inizio di via Grassi, nel piccolo slargo formato con la confluenza di via Pietra dell’Ova, dedicato alla memoria di Antonino Bulla, ‘u pueta do Canalicchiu”, abbiamo notato pure qui tagli piuttosto energici ai danni dei tre alberi che d’estate offrono ombra e frescura ai passanti, nonché l’unica fontanella da tempo asciutta e sporca, che aspetta da chissà quanto tempo il ripristino dell’erogazione dell’acqua.
È davvero singolare, infine, il fatto che si considerino pericolosi gli alberi vivi e in buona salute, mentre quelli malati o addirittura ormai morti, dei quali sono rimasti i fusti con le branche prive di foglie protese verso l’alto rimangano pericolosamente al loro posto. Risale al 29 giugno dello scorso anno, la nostra segnalazione dalle colonne di questo giornale della Jacaranda morta presente nello slargo ad angolo tra via Pedara e via Generale di San Marzano; dell’Acacia anch’essa secca del plesso dell’istituto comprensivo statale “Italo Calvino” di via Ferro Fabiani, che da tempo poggia sul recinto metallico dell’edificio scolastico e, a pochi metri, il grosso ramo di un Ailanto grava sui cavi di una linea elettrica (o telefonica?); del filare di ailanti all’inizio di via Domenico Morelli, i cui lunghi e fragili rami hanno ormai raggiunto il marciapiede opposto.
GIUSEPPE SPERLINGA