Stelle e Ambiente

Mese: maggio 2021

CIELO DI GIUGNO 2021

Come spesso accade, purtroppo, la tirannia dello spazio ha imposto il sacrificio di una parte dell’articolo.
Rimedio con la trascrizione del testo in versione originale che gli interessati potranno leggere qui di seguito.
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UNA ECLISSE ANULARE DI SOLE (NON VISIBILE DALL’ITALIA) E IL SOLSTIZIO ESTIVO
Nel mese astronomico di giugno spiccano due eventi straordinari: l’eclisse anulare di Sole di giovedì 10 e il solstizio estivo di lunedì 21. A differenza di quella totale, l’eclisse anulare si verifica quando il Sole, la Luna e la Terra sono allineati e l’argenteo satellite naturale terrestre si trova alla massima distanza dalla Terra (apogeo). In tali condizioni, la Luna oscura soltanto la parte centrale del disco solare, lasciando visibile un luminoso anello esterno. L’eclisse del 10 giugno, purtroppo, sarà inosservabile dall’Italia meridionale. Sarà invece solo parziale per le regioni dalla Toscana in su: a Milano potranno vedere un sottile spicchio di superficie solare oscurata dalle 11.35 alle 13.04 (il massimo si avrà alle 12.18), a Venezia dalle 11.48 alle 13.05 (massimo alle 12.25) e a Firenze dalle 11.52 alle 12.49 (massimo alle 12.20). Potranno, invece, ammirare per quasi quattro minuti la spettacolare fase anulare in Canada, Groenlandia e Russia.
L’altro evento celeste di giugno è il solstizio d’estate, che quest’anno cade alle 5.32 (ora italiana) del 21. Quel giorno avrà inizio l’estate astronomica (quella meteorologica comincia il primo giorno del mese del solstizio); l’Artide è inclusa nel circolo d’illuminazione, si avranno sei mesi di luce e la nostra stella diurna non tramonta, rimane sopra il piano dell’orizzonte, dando luogo al suggestivo fenomeno del “Sole di mezzanotte”. L’Antartide, invece, ne è totalmente esclusa (sei mesi di oscurità). Nel nostro emisfero avremo il dì più lungo e la notte più breve dell’anno; a mezzogiorno (da noi, alle 13 per l’ora legale) il Sole raggiunge il punto di massima elevazione e la sua altezza sul piano dell’orizzonte dipende dalla latitudine del luogo: a Roma arriva a circa 71°30’, a Milano l’altezza massima è di 68°, mentre a Catania supera i 75°. La parola “solstizio” deriva dal latino e significa “Sole stazionario” perché l’astro sembra fermarsi, sorgendo e tramontando sempre nello stesso punto sino al 24 giugno (per il solstizio invernale fino al 25 dicembre), quando ricomincia a muoversi sorgendo gradualmente sempre più a sud sull’orizzonte (a nord per quello invernale). In antico, i solstizi erano festeggiati dai popoli pagani, poi la religione cristiana, consapevole dell’importanza di questi festeggiamenti, ne incorporò le date sovrapponendovi solenni celebrazioni: il solstizio invernale è stato sostituito dal Natale, quello estivo dalla festa di San Giovanni del 24 giugno. Il 21 giugno di duemila anni fa, il Sole era proiettato tra le stelle della costellazione del Cancro. Oggi, a causa della precessione degli equinozi, la nostra stella diurna è proiettata tra le stelle della costellazione dei Gemelli. Ciò nonostante, il parallelo su tutti i punti del quale il giorno del solstizio il Sole sarà allo zenit, convenzionalmente continueremo a chiamarlo “Tropico del Cancro”, anziché “Tropico dei Gemelli”. È incomprensibile, invece, l’ostinata fede di molta gente per il ciarpame propinato con gli oroscopi che ammanniscono presunti influssi sui destini umani esercitati da lontanissimi astri arbitrariamente raggruppati dall’uomo a formare le costellazioni, le quali non sono una realtà fisica.
Nel cielo sud-orientale appare la costellazione dello Scorpione con la rossa Antares. Il Sole sfiora le stelle dello Scorpione che le attraversa in appena una settimana, perché gran parte della costellazione si trova al di sotto dell’Eclittica, per poi proseguire il suo cammino nell’Ofiuco, la cosiddetta tredicesima costellazione che sconvolge le illusorie previsioni astrologiche. Nel cielo meridionale spicca una costellazione tipicamente estiva: Ercole, la cui forma caratteristica è data dal quadrilatero centrale, dal quale si dipartono quattro bracci a spirale. Questa costellazione contiene uno tra i più luminosi ammassi globulari, M13, noto pure come “ammasso globulare di Ercole” ed è il più luminoso dell’emisfero boreale e il terzo dell’intera volta celeste, ben visibile con un binocolo e persino a occhio nudo da siti lontani dai centri abitati. Volgendo lo sguardo a occidente, osserveremo ancora le costellazioni del Leone e della Vergine che si avviano a tramontare. Alte nel cielo brillano due luminosi astri che domineranno il cielo delle notti estive: verso ovest vi è Arturo, la fulgida stella della costellazione del Bootes, a oriente Vega della Lira. A Nord-Ovest, infine, campeggia l’Orsa Maggiore, segue l’Orsa Minore con la Polare e, a Nord-Est Cassiopea con il regale consorte Cefeo.
La bella stagione ci riporta i pianeti visibili a occhio nudo. Tranne Mercurio che sarà inosservabile per buona parte del mese, nell’orizzonte occidentale vedremo Venere dal tramonto fino al calare delle tenebre e, poco più in alto, ci sarà Marte. Nella seconda parte della notte il cielo sud-orientale sarà dominato dal gigantesco Giove e dal pianeta dagli anelli Saturno. Urano e Nettuno saranno visibili a oriente in tarda nottata con l’ausilio di un telescopio.
GIUSEPPE SPERLINGA
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LE FIORITURE PRIMAVERILI IN UN PARCO MAI NATO DI CANALICCHIO

A Canalicchio (periferia nord di Catania), le vie Noto, Pedara e Arimondi confluiscono in uno slargo a fondo naturale che come una terrazza si affaccia sulla città. Una trentina d’anni fa, qui doveva nascere il Parco Belvedere, il cui progetto fu inserito più volte nel Piano Triennale delle Opere pubbliche del Comune di Catania, ma non fu mai realizzato.
La prima volta che mi occupai di questo bel progetto che avrebbe dato molto verde a un quartiere asfittico qual è Canalicchio fu nell’ormai lontano 26 luglio 1994 con un articolo pubblicato sul quotidiano La Sicilia. Poi ci sono tornato dieci anni dopo, il 19 agosto 2004. E’ stato come parlare al peggior sordo, che è colui che non vuol sentire, appunto le amministrazioni comunale dell’epoca (non è che quelle recenti siano diverse…).
Oggi, naturalmente, il degrado è impressionante, ma questo non scoraggia la Natura. Qui, infatti, è possibile godere delle spettacolari fioriture primaverili di piante selvatiche che sono riuscite ad arrivare intatte finora grazie al fatto che si trovano in terreni dimenticati dal Comune, dove raramente si vede uno spazzino e, per fortuna, non si vedono operai armati di decespugliatori, i quali dovrebbero fare la loro apparizione ai primi di giugno per prevenire il rischio incendi quando le piante saranno sfiorite e ormai secche.
In questo momento, sono uno splendore le fioriture della Carota selvatica, della Sulla (‘a Sudda), del Giummo di Carrabbineri (la Camarezza o Valeriana rossa), del Cavulucarammu (Guado o Galdo), della Ferula (‘a Ferra), dei capolini gialli dell’Ingrassabuoi, dei Rosolacci (i papaveri rossi), dell’Erba viperina, della Borraggine (Urrania) e di numerose altre specie.
L’infiorescenza ancora chiusa della Carota selvatica, fino agli anni ’50-’60 del secolo scorso, si facevano essiccare e successivamente si riempivano e si addobbavano esternamente con i profumati fiori del gelsomino. Si otteneva la “sponsa” che gli uomini del tempo offrivano alle signorine e alle signore. Un gesto galante di cui si è persa memoria.
A Catania, i venditori di “sponse” era facile incontrarli nelle tiepide serate primaverili o di inizio estate in via Etnea o nelle vicinanze delle tante arene cinematografiche aperte.
GIUSEPPE SPERLINGA
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SPELEOMOTOCROSS: COME VANDALIZZARE UNA GROTTA VULCANICA E TERRORIZZARE I PIPISTRELLI.

Dopo l’episodio (sicuramente non sarà stato il primo in quella cavità) accaduto nella grotta Taddariti 2 nelle sciare del santuario della Madonna della Roccia di Belpasso, balza prepotentemente alla ribalta il problema della tutela, valorizzazione e fruizione degli ultimi lembi delle lave incolte e delle gallerie di scorrimento lavico disseminate nell’area metropolitana di Catania.
La proposta dell’istituzione del Parco Vulcanospeleologico Metropolitano (PVM) è stata avanzata più volte da chi scrive sin dal 1995 sia con numerosi articoli pubblicati su La Sicilia, sia nel corso di convegni, seminari e conferenze.
Insieme con il geologo Franco Cavallaro, la proposta è stata illustrata e poi pubblicata negli Atti del Forum delle associazioni ambientaliste della provincia di Catania “La tutela dell’ambiente nel territorio catanese: stato, problemi, prospettive”, tenutosi il 22 maggio 2004 nel salone-Museo di Zoologia del Dipartimento di Biologia Animale dell’Università di Catania.
Il quotidiano La Sicilia di oggi, giovedì 6 maggio 2021, dà notizia dell’inusitata violenza ambientale ai danni della Grotta Taddariti 2, all’interno della quale sono penetrati con moto da cross. Ciò è inaccettabile e va fermato con decisione, anche se quel territorio non rientra nei limiti territoriali del Parco dell’Etna.
Attualmente, le uniche grotte vulcaniche che non corrono tali rischi sono quelle che ricadono all’interno della Riserva naturale integrale “Complesso Immacolatelle e Micio Conti” di San Gregorio e nella zona B del Parco dell’Etna.
Con l’istituzione del PVM la protezione verrebbe estesa pure a tutte le altre gallerie di scorrimento lavico ed è l’unica soluzione se si vuole evitare che vadano distrutte da azioni vandaliche come quella di domenica scorsa o prese di mira da ruspe e caterpillar per realizzare una strada o un palazzo.
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MOTOCROSS IN UNA GROTTA DI BELPASSO

BELPASSO – Sono stati visti sciamare, uno dietro l’altro sulle loro moto da cross, da una grotta vulcanica in territorio di Belpasso, a un centinaio di metri dal santuario della Madonna della Roccia. La cavità è la grotta Taddariti 2, un’interessante galleria di scorrimento lavico che si apre nelle lave dell’eruzione del 1669 che, anni fa, fu intercettata dalle ruspe e sventrata nel tratto mediano. Nel ramo nord della caverna, quello in cui sono penetrati le moto da cross, vive un piccolo gruppo di pipistrelli noti col nome di “Ferro di cavallo minore”, così detti per la curiosa cartilagine nasale a forma, appunto, di ferro di cavallo. È fin troppo evidente che l’elevata rumorosità dei motori, amplificato dalla grotta stessa, ha fortemente disturbato quei poveri animaletti appesi alla volta a testa in giù durante il loro riposo diurno dopo aver cacciato gli insetti di cui si nutrono per l’intera notte.

La domanda alla quale qualcuno ora dovrà dare una risposta convincente è: da quando il motocross si svolge pure all’interno delle cavità naturali dislocate sui quattro versanti e a tutte le quote del nostro vulcano? Ci risulta che qualcuno ha interpellato il presidente del parco dell’Etna, il quale ha fatto sapere che quel territorio dove si sono dati appuntamento i motocrossisti, che non partecipavano ad alcuna manifestazione autorizzata, non rientra nell’ambito dei confini del parco. La vigilanza, allora, spetta al Comune di competenza, in questo caso Belpasso. Viene effettuata? Possibile che nessuno abbia sentito il petulante ronzio delle moto che proveniva da non molto lontano dal centro abitato di Borrello e a poca distanza da un luogo di culto dove regnano il silenzio e la preghiera?

L’episodio della grotta Taddariti 2 offre lo spunto per una riflessione su ciò che riguarda la tutela, valorizzazione e fruizione delle “sciare” incolte e delle grotte vulcaniche disseminate nell’area metropolitana catanese. Non sono mai mancate le idee, non c’è stata finora la volontà politica di prendere in considerazione la proposta d’istituzione del “Parco vulcanospeleologico metropolitano” presentata da due studiosi nel Forum “La tutela dell’ambiente nel territorio catanese: stato, problemi, prospettive”, svoltosi il 22 maggio del 2004, all’Università di Catania. È, questa, l’unica strada percorribile se si vuole salvare questo importante patrimonio naturale formato dagli ultimi lembi sciarosi delle innumerevoli colate laviche e dalle grotte vulcaniche che in esse si aprono, all’interno delle quali vive una fauna peculiare e spesso custodiscono veri e propri “tesori” per gli archeologi, un patrimonio culturale e scientifico unico in tutta l’Europa continentale che appartiene all’intera collettività e che va adeguatamente protetto e, ove possibile, reso fruibile da tutti. Occorre informare i cittadini dell’esistenza di questo patrimonio, della sua natura straordinaria, farlo vedere a tutti, farlo apprezzare soprattutto ai giovani, soprattutto a quelli che scorrazzano sulle due ruote da cross.

GIUSEPPE SPERLINGA

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COMETA O CONGIUNZIONE PLANETARIA: CHI GUIDÒ I RE MAGI?

COMETA O CONGIUNZIONE PLANETARIA: CHI GUIDÒ I RE MAGI?

Non vi è presepe senza la sua bella “stella cometa” sopra la grotta della Natività, l’astro che avrebbe guidato i Magi venuti dall’Oriente. Escludendo ipotesi miracolistiche o astruserie aliene, viene da chiedersi se davvero i tre Magi furono guidati nel loro lungo viaggio a Betlemme per la nascita di Gesù da una appariscente e luminosa cometa come la Halley o la Hale-Bopp? O, piuttosto, fu un altro fenomeno celeste a indicare loro la strada da seguire?

Nel Vangelo di Matteo (2:1-12), scritto attorno al 50 d.C., si legge che sarebbe stata una stella che guidò i Magi per adorare il Re dei Giudei: “Nato Gesù in Betlemme di Giuda, al tempo di re Erode, alcuni Magi, venuti da Oriente, giunsero in Gerusalemme e chiesero “Dove è il nato re dei Giudei? Perché noi abbiam veduto la sua stella in Oriente e siam venuti per adorarlo”… Allora Erode, fatti venire segretamente i Magi, si fece precisare da loro con ogni diligenza il tempo in cui la stella era loro apparsa… I magi, udito il re, se ne partirono. Ed ecco la stella che avevano visto in Oriente andar loro innanzi, finché, giunta sopra il luogo dove era il bambino, si fermò”.

Stella che, nel tempo, l’immaginario popolare la trasformò in “cometa di Gesù Bambino” e che poi sarebbe diventata il curioso ibrido “stella cometa”, un oggetto inesistente nel cosmo, come se chiamassimo un organismo “lucciola-pesce lanterna” soltanto perché sia la lucciola sia il pesce lanterna posseggono organi bioluminescenti, ma l’una è un insetto, l’altro è un pesce abissale. L’astro chiomato, infatti, fa parte del Sistema solare e lascia in cielo una scia luminosa effimera che si forma per la sublimazione dei ghiacci del suo nucleo sotto l’azione del vento solare; le stelle, invece, sono astri che brillano di luce propria e distano da noi anni luce (un anno luce corrisponde a novemila miliardi e mezzo di chilometri e la più vicina, Proxima Centauri, si trova a 4,26 anni luce dal Sole). In ogni caso, una stella non avrebbe mai potuto essere un utile punto di riferimento indicante una direzione ai Magi, perché una sola stella non cambia mai posizione nel cielo per effetto della rotazione terrestre ed è la Stella Polare che indica costantemente il nord. E, poi, come si fa a seguire una stella di giorno con i bagliori solari che ne impedirebbero l’individuazione in cielo?

Scartata l’ipotesi della stella, gli astronomi non sono mai stati convinti neppure sulla natura cometaria dell’astro che, oltre duemila anni fa, avrebbe guidato Baldassarre, Gaspare e Melchiorre. In nessun documento antico, infatti, si trovano tracce inequivocabili sul transito in cielo di una cometa nel periodo in cui nacque Gesù. Rimane in piedi l’ipotesi della congiunzione planetaria sostenuta da Keplero, il quale era convinto che a guidare i Magi fu la presenza nei cieli dell’antica Mesopotamia (l’odierno Iraq) della congiunzione che si verificò per ben tre volte nel corso dell’anno 7 a.C., presunta data di nascita di Gesù, fra i pianeti Giove e Saturno proiettati tra le stelle della costellazione dei Pesci.

Quale che sia stato l’astro luminoso che avrebbe guidato i Magi nel loro lungo viaggio a Betlemme per la nascita di Gesù, su una cosa sono tutti d’accordo: nella celebre Natività all’interno della stupenda Cappella degli Scrovegni, a Padova, Giotto associa la stella a una cometa dalla lunga coda e la dipinse come realmente vide, nel 1301, rimanendone impressionato, la cometa di Halley, con un nucleo sferico e non irto di punte come quella dei presepi.

IL BACIO CELESTE TRA GIOVE SATURNO NEL GIORNO DEL SOLSTIZIO INVERNALE

Mai, prima d’ora, era capitato di salutare l’anno appena trascorso senza alcun rimpianto, si può dire che quasi l’abbiamo scacciato. Ma se è stato, il 2020, un anno nefasto sotto tutti i punti di vista, altrettanto non si può dire da quello astronomico, perché oltre ai consueti fenomeni che puntualmente si ripetono anno dopo anno, lo ricorderemo, tra i tanti avvenimenti celesti, come l’anno del passaggio inatteso della fantastica cometa Neowise, scoperta il 27 marzo, mentre nel mondo infuriava la devastante pandemia causata dal SARS-CoV-2, il ceppo di Coronavirus cui è associata la terribile malattia Covid-19.

Ma il 2020 resterà negli annali astronomici pure per il “bacio celeste” tra Giove e Saturno, i due giganteschi pianeti gassosi del nostro sistema planetario. L’anno, infatti, era agli sgoccioli, mancavano appena una decina di giorni prima di liberarcene per sempre e l’appuntamento era imperdibile: il 21 dicembre, giorno del solstizio invernale, poco dopo il tramonto del Sole, guardando il cielo in direzione sud-ovest, tra le stelline della costellazione del Capricorno, c’era da ammirare un raro spettacolo offerto gratuitamente dalla Natura: la strettissima congiunzione tra Giove e Saturno, bassi sull’orizzonte. Quella sera, però, le nuvole affollarono i cieli di mezza Italia, Sicilia compresa, e non permisero di vedere i due giganti gassosi giungere alla conclusione del loro lungo inseguimento, trovarsi allineati e, prospetticamente, tornare a essere vicinissimi come quattro secoli fa, a dar luogo a una congiunzione talmente stretta da dare l’impressione, a chi osservava a occhio nudo, di vedere un unico luminosissimo pianeta.

Come tutte le congiunzioni planetarie, pure quella tra Giove-Saturno è un evento piuttosto frequente, accade all’incirca ogni 20 anni. Il vero Signore degli anelli, infatti, impiega quasi 30 anni per compiere una rivoluzione intorno al Sole, mentre Giove circa 12 anni. Fatti i calcoli, ogni 20 anni, Giove “raggiunge” Saturno ed ecco che si verifica la congiunzione tra i due pianeti. Ma ciò che ha reso straordinaria quella del 21 dicembre dello scorso anno è stata la separazione tra i due pianeti di un solo decimo di grado. Nella realtà, essendo le congiunzioni prospettiche, i pianeti Giove e Saturno erano ben distanti tra essi, a 734 milioni di chilometri l’uno dall’altro, più precisamente Giove era a 886 milioni di chilometri da noi e Saturno a un miliardo e 620 milioni. Oltre che a occhio nudo, il raro fenomeno celeste fu possibile osservarlo sia con un binocolo (con un 10×50 fu possibile inquadrare Giove e Saturno nello stesso campo visivo) sia con un piccolo telescopio riflettore o rifrattore per inquadrare Io, Europa, Ganimede e Callisto, le quattro lune galileiane attorno a Giove, nonché di ammirare il favoloso sistema di anelli di Saturno e Titano, la sua luna più grande.

Quella del solstizio invernale dell’anno passato è stata, dunque, la prima congiunzione Giove–Saturno del terzo millennio e la più stretta dal 1623, anno in cui erano ancora in vita Galileo Galilei e Giovanni Keplero. Quest’ultimo, 397 anni fa, osservò una congiunzione stretta tra Giove e Saturno, ma non ebbe fortuna, perché nei primi giorni i due pianeti erano troppo vicini al Sole, nei giorni seguenti il cielo di Praga fu sempre coperto da nuvole. Dovette attendere una settimana, il giorno di Natale del 1623, il povero Keplero, per osservare i due pianeti vicini, ma ormai non più al minimo della loro distanza. Neppure in Sicilia siamo stati più fortunati di Keplero, le nuvole ci hanno impedito la visione di questo “bacio” tra Giove e Saturno. Per rivederlo dovremo attendere le prossime congiunzioni che si verificheranno il 31 ottobre 2040 e il 7 aprile 2060, ma per osservarne una così stretta come quella del 21 dicembre scorso bisognerà aspettare il 15 marzo del 2080.

                                                                                   GIUSEPPE SPERLINGA

 

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STRAGE DI PIANTE SELVATICHE

La Sicilia di venerdì 30 aprile 2021

UNA STRAGE CONTINUA

Non occorreva interpellare l’oracolo di Delfi o la Sibilla Cumana che presiedeva l’oracolo di Apollo o avere una sfera di cristallo per prevedere che la vegetazione spontanea in piena fioritura primaverile delle aiuole di piazza Tivoli (Canalicchio di Tremestieri Etneo) sarebbe stata distrutta dai decespugliatori degli operai della ditta che ha in appalto la gestione del verde pubblico del Comune pedemontano.

   Puntualmente, ieri, sono state falciate tutte le piante selvatiche che erano di vitale importanza per gli insetti impollinatori, soprattutto per le api, che negli ultimi tempi hanno fatto registrare un preoccupante calo numerico delle popolazioni a causa del dissennato uso di pesticidi che si continua a fare nel campo dell’agricoltura.

   È stata impietosamente tagliata la bellissima fioritura di Malva selvatica che nemmeno il più abile dei giardinieri sarebbe stato capace di comporre così come aveva fatto la Natura, una macchia stupenda che non richiedeva alcuna cura né di essere innaffiata, a tutto pensava la Natura senza oneri per le anemiche casse comunali.

   Da ieri, al posto della policromatica fioritura, in quelle aiuole, fa brutta mostra di sé la spazzatura, che è affiorata dopo il taglio delle piante. Sono state rimosse, infatti, i resti vegetali che saranno conferiti in discarica come “organico”, ma le cartacce, le lattine, la plastica, tutto è stato lasciato sul posto, perché non toccava agli operai che hanno decespugliato rimuoverli. E, non ci vuole molta fantasia per immaginarlo, tutto rimarrà lì per chissà quanto tempo, se mai qualcuno darà ordine di rimuoverli. E’, questo, un copione già visto altrove che si ripeterà pure in piazza Tivoli, come è accaduto in via Novaluce, dove nelle aiuole attorno alla rotatoria d’ingresso al viale Mediterraneo è rimasta la spazzatura, prima occultata dai Rosolacci (papaveri rossi), dalle Camomille bastarde, dall’Iperico, dal Guado e da altre piante selvatiche in fiore.

GIUSEPPE SPERLINGA

 

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LA STRAGE DELLE PIANTE SELVATICHE IN CITTA’

Il quotidiano La Sicilia di Catania del 17 aprile 2021 pubblica un articolo in difesa delle piante selvatiche presenti nelle aiuole cittadine, sottolineando l’importanza per gli insetti impollinatori, soprattutto per le api, che sono in forte declino numerico.

LA SPAZZATURA PREFERITA ALLE “ERBACCE”

La primavera è arrivata da un pezzo e, nonostante le sue bizzarrie meteorologiche, è esplosa in tutto il suo policromatico splendore offerto dalla fioritura delle piante selvatiche, quelle che volgarmente sono chiamate “erbacce” e sono onnipresenti, dai bordi dei marciapiedi alle aiuole, dai terreni incolti alle aree marginali utilizzate di solito come micro discariche abusive. Se vi capita di passare accanto a una di queste aree, basta allungare lo sguardo all’interno di esse per rendersi conto che ciò che apparentemente sembra un coacervo caotico di piante è, in realtà, uno spazio colonizzato dalla Natura. Le aiuole spartitraffico della rotatoria di via Novaluce, di via Santa Sofia e del parco “Beppe Montana” di via Galermo, il terreno del mai nato parco belvedere di Canalicchio (alla fine di via Pedara), la “terra di nessuno” adiacente al largo Bordighera, le aree incolte di via Cardinale Nava e di viale Tirreno, in questo momento offrono un vero e proprio arcobaleno di colori dove spicca il rosso delle corolle del Rosolaccio (per tutti è il papavero), il giallo quasi dominante delle infiorescenze del Guado (broccoletti selvatici che i siciliani chiamano “Cavulucarammu”), della Ferula (‘a Ferra), del Grespigno (la “Cardedda fimminedda e masculina”), del Tarassaco (il “Dente di leone”), del Crisantemo campestre (popolarmente noto col nome di “Ingrassabue”), dei delicati fiorellini dell’Erba dei cantanti, dell’Acetosella (“Acitazzu”) e, persino, dell’Iperico (erba di San Giovanni). Poi c’è il viola dei fiori dell’Erba viperina e il lilla della Malva, il bianco degli Strigoli (la gustosa “Cannatedda”), della Camomilla bastarda e della delicata Fumaria capreolata con i bianchi fiorellini dalle punte violacee, il rosso-porpora della Sulla (‘a Sudda) e di numerose altre specie che lasciamo nella penna. Eppure, si continua a dare ordine di tagliarle, come è accaduto qualche giorno fa nelle aiuole accanto alla rotatoria di via Novaluce, dove dopo l’eliminazione delle piante selvatiche è riemersa la spazzatura, che nessuno si è preoccupato di rimuovere, mentre una botola dell’Enel è rimasta scoperchiata. Ennesima inaccettabile manifestazione di incultura naturalistica urbana.

   Non chiamiamole, dunque, “erbacce”. La Lipu ha chiesto all’ufficio del Verde di Catania di sospendere il taglio dei prati, delle aiuole, delle rotatorie, fino alla fine della fioritura delle piante spontanee, in modo da goderci la fioritura dei fiori selvatici, aiutare la fauna in città, ridurre i costi del verde e utilizzare quelle risorse economiche per fare altro verde. Si eviti, pertanto, la scriteriata discesa in strada di operai con i decespugliatori cui è stato ordinato di fare… di tutta l’erba un fascio, proprio adesso che le piante sono in piena fioritura.

GIUSEPPE SPERLINGA

 

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STELLE CADENTI, SUPERLUNA ED ECLISSE TOTALE DI LUNA (NON VISIBILE DALL’ITALIA) NEL CIELO DI MAGGIO 2021

Sul quotidiano La Sicilia di oggi, sabato 1° maggio 2021, potrete leggere la consueta rubrica di divulgazione astronomica, una delle più longeve, se non ormai l’unica, essendo stata ideata negli anni Sessanta del secolo scorso dall’indimenticabile giornalista-astrofilo Luigi Prestinenza.
Purtroppo, la tirannia dello spazio ha costretto il redattore a “tagliare” l’ultimo capoverso dedicato alle costellazioni.
Gli interessati potranno leggere qui di seguito il testo originale completo.
Per approfondimenti si rimanda al sito dell’Unione Astrofili Italiani http://divulgazione.uai.it/index.php/Cielo_di_Maggio_2021
Buona lettura!
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STELLE CADENTI, SUPERLUNA ED ECLISSE TOTALE DI LUNA (NON VISIBILE DALL’ITALIA) NEL CIELO DI MAGGIO.
Il cielo del mese delle rose sarà ricco di eventi astronomici. L’inizio sarà scoppiettante: nella notte tra il 4 e il 5, ci sarà lo spettacolo notturno pirotecnico delle stelle cadenti delle Eta Acquaridi, l’unico grande sciame meteorico fino a fine luglio. Si pensa che questi frammenti che lasciano una effimera quanto appariscente scia luminosa durante l’attraversamento dell’atmosfera terrestre derivino dalla cometa di Halley, che ci ha lasciato come ricordo pure le Orionidi di ottobre. Il nome è dato dalla posizione del loro radiante, che è il punto dal quale apparentemente sembrano irradiarsi nel cielo, che è nei pressi della stella Eta Aquarii, una stella bianco-azzurra situata nella costellazione dell’Aquario distante 184 anni luce dal Sistema solare. Saranno favoriti gli osservatori dell’emisfero australe, dove potranno essere avvistate fino a 40 meteore all’ora, mentre dal nostro emisfero ci dovremo accontentare di 10-30 meteore all’ora e per giunta poco prima dell’alba.
Alle ore 13,14 del 26 maggio, la Luna sarà piena e, contemporaneamente, alla minima distanza dalla Terra (357.462 km), un perigeo leggermente più ravvicinato rispetto a quello di aprile e ciò farà sì che la Luna avrà dimensioni apparenti un po’ più grandi. Lo stesso giorno si verificherà forse il miglior evento astronomico dell’anno, che non sarà, purtroppo, visibile dall’Italia: l’eclisse totale di Luna. La potranno vedere, infatti, dall’Australia, dalla costa orientale degli Stati Uniti, dall’America Latina, dal Sud-Est asiatico e Giappone.
Uno sguardo ai pianeti. Mercurio torna a essere visibile di prima sera a metà mese nel cielo occidentale, quando tramonta quasi due ore dopo il Sole. Si può tentare di fotografarlo nelle sere del 28 e del 29, quando si troverà vicinissimo al luminoso Venere, che diventa un ottimo punto di riferimento per individuare l’elusivo e minuscolo pianeta tra le stelle della costellazione del Toro. Il pianeta di Citera, invece, continuerà ad aumentare la sua luminosità e sarà visibile al tramonto. Il pianeta rosso Marte sarà alto sull’orizzonte occidentale nelle prime ore della notte. Il gigantesco Giove e il pianeta con gli anelli Saturno saranno protagonisti del cielo della seconda metà della notte, nelle ore che precedono il sorgere del Sole, entrambi nel cielo a Sud-Est. Urano rimane ancora praticamente inosservabile, mentre Nettuno è rintracciabile basso sull’orizzonte di Est-Sud-Est, poco prima che sorga il Sole. Meritano di essere osservate le congiunzioni tra la Luna all’ultimo quarto e la coppia Giove e Saturno, prima dell’alba del 4, nel cielo di Sud-Est; quella tra la sottilissima falce lunare, il pianeta Venere e le Pleiadi, la sera del 12 maggio; tra la Luna il pianeta rosso Marte, nelle prime ore della notte del 16, a ovest, con la coppia dei Dioscuri, Castore e Polluce della costellazione dei Gemelli che sembrano dominare la scena celeste.
Il cielo meridionale è dominato dalle maestose le costellazioni del Leone e della Vergine con la brillante Spica. Il Leone di Nemea è la belva che Ercole affrontò a mani nude, soffocandola, perché era invulnerabile alle frecce e alla clava. Dopo averlo ucciso, Ercole ne indossò la pelliccia e divenne a sua volta invulnerabile. La costellazione è composta dalle stelle Denebola (la coda), Algeiba (la criniera), Zosma e Regolo (piccolo re), che formano il corpo del Leone, è da Zeta Leo, Mu Leo ed Epsilon Leo, che ne formano la testa. Denebola con Spica della Vergine e Arturo del Boote formano i vertici dell’asterismo del “Triangolo di Primavera”. In questa costellazione spicca il “Tripletto del Leone”, formato dalle galassie spirali M65, M66, NGC3628, che dista circa 35 milioni di anni luce dalla Terra. Da notare, inoltre, che il termine “solleone” si riferisce al fatto che il Sole, dal 10 agosto al 15 settembre, transita nella costellazione del Leone e non al caldo eccessivo del periodo come tutti ritengono. Nel cielo di Nord-Est brilla Arturo del Bootes, il guardiano delle due Orse (l’Orsa Maggiore si staglia sopra le nostre teste) e la stella luminosa Vega della Lira. Nel cielo occidentale, basse sull’orizzonte, si vedono ancora l’Auriga, i Gemelli e il Cancro, mentre a Sud-Est appariranno la Bilancia, lo Scorpione, l’Ofiuco e il Sagittario.
GIUSEPPE SPERLINGA
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