Stelle e Ambiente

Mese: febbraio 2022

DEGRADO DELLA TIMPA DI LEUCATIA E COSTITUZIONE COMITATO CIVICO PARCO DELLA TIMPA DI LEUCATIA

DEGRADO ATTORNO AI RUDERI DELL’ACQUEDOTTO BENEDETTINO

La via Lavatoio è lunga una novantina di metri e corre parallela ai ruderi del secentesco acquedotto benedettino, tra le vie Tito Manlio Manzella e Francesco Lo Jacono. Come tutte le strade che segnano il confine tra due Comuni (nel nostro caso, Catania a est, S. Agata li Battiati a ovest), anch’essa è terra di nessuno e continua a essere utilizzata come discarica pubblica abusiva a cielo aperto da incivili che vi depositano ogni tipo di rifiuti, soprattutto sul versante Battiati. Qui, infatti, ormai invisibili perché ricoperti dalla vegetazione spontanea, giacciono pneumatici, materiali di risulta, spazzatura, plastica, vetro, mobili rotti, residui di verdure selvatiche, insomma c’è di tutto. Ultimo arrivato, un divano, verosimilmente scaricatovi nottetempo.

            Gli incivili sono agevolati dal fatto che questo tratto di strada è privo di illuminazione e dalla totale assenza di netturbini. A chi spetta il compito di tenere pulito? A Battiati? A Catania? A entrambi i Comuni? Quale che sia il Comune, una cosa è sicura: è indegno di una società civile tenere nel degrado permanente l’area circostante ai ruderi della più imponente opera d’ingegneria idraulica del Seicento cittadina, qual è appunto l’acquedotto voluto quasi quattro secoli fa dai Padri benedettini per trasportare le limpide acque sorgive della Licatia fino al monastero di piazza Dante per iloro fabbisogno idrico e per quello dei catanesi.

            Dieci anni fa, l’area fu bonificata grazie sia all’intervento economico elargito da una mezza dozzina di Lions Club cittadini, sia all’opera dei marines americani di stanza a Sigonella e all’abbellimento floreale realizzato dagli studenti dell’istituto tecnico agrario di via del Bosco. In quell’occasione, attorno ai ruderi dell’acquedotto e all’ingresso dell’ambiente umido della Timpa di Leucatia furono ripristinate le recinzioni con pali di castagno e si installarono due capannine di legno che esponevano altrettanti poster bilingue con informazioni storico-naturalistiche sulla Timpa e sull’acquedotto. Dopo, però, nessuno si curò della loro manutenzione e, a poco a poco, tutto è andato in malora sia per l’incuria di chi di dovere, sia per le ingiurie del tempo e, in assenza di sorveglianza, questo tratto di via Lavatoio è precipitato in uno stato di squallido e inaccettabile degrado.

            È giunto il momento che i Comuni di Catania e Battiati intervengano per restituire decoro e dignità alla strada, cominciando a far rimuovere da subito quell’osceno rifiuto ingombrante e la spazzatura che alligna lungo il bordo lato Battiati. Poi, occorre impedire la fuoriuscita delle acque sorgive dalla canaletta che viene ostruita da coloro che vi lavano le verdure selvatiche prima di rivenderle; far ripulire l’aiuola attorno al rudere dell’acquedotto; far ripristinare le recinzioni e le capannine di legno e, con esse, i poster illustrativi; far sradicare quella decina di banani ormai secchi che qualcuno ha inopportunamente messi a dimora in un ambiente con caratteristiche floristico-vegetazionali totalmente diverse. Infine, far illuminare quel tratto di strada e videosorvegliarla; far ispezionare periodicamente da pattuglie di vigili urbani e carabinieri.

            È chiedere troppo mantenere pulito un angolo di città ricco di testimonianze storico-naturalistiche?

                                                                                                                   GIUSEPPE SPERLINGA       

COSTITUITO IL COMITATO CIVICO PER IL PARCO DELLA TIMPA DI LEUCATIA

La Timpa di Leucatia, con i suoi 45 ettari di estensione, poteva e doveva essere il maggior parco cittadino se avesse avuto un seguito l’accordo di programma, sottoscritto il 30 dicembre del 2004, tra l’Università di Catania e i Comuni di Catania e S. Agata li Battiati. Diciotto anni dopo, il progetto è caduto nell’oblìo. Intanto, la Timpa continua a subìre aggressioni ambientali di ogni tipo; miliardi di litri all’anno delle acque dell’Etna che sgorgano dalle numerose sorgenti si disperdono in mare; i ruderi della “botte dell’acqua” e dei primi due tronconi dell’imponente secentesco acquedotto benedettino sono ricoperti dalla vegetazione spontanea o soffocati dai rifiuti; l’ecomostro degli anni Settanta del secolo scorso è sempre lì, a pochi metri di distanza dalla Villa Papale, che fu casa di villeggiatura e convalescenziario dei monaci benedettini; il sito archeologico di monte San Paolillo ha subìto danni irreversibili da una costruzione in cemento armato con le autorizzazioni di Soprintendenza e Comune di Catania là dove non si poteva edificare nemmeno la cuccia di un cane; nel delicato ambiente umido, per anni, gli uccellatori hanno esercitato la loro criminale attività di cattura di usignoli di fiume, cardellini e altre specie di uccelli; gli incendi hanno più volte devastato sia il raro ambiente umido d’acqua dolce, sia la vegetazione a macchia mediterranea.

            Finora, a nulla sono valse le numerose ricerche scientifiche effettuate da naturalisti universitari e gli appelli delle associazioni ambientaliste finalizzate alla istituzione di un parco urbano intercomunale. In questa prospettiva, un nuovo impulso viene adesso dal neo costituito “Comitato civico per il Parco della Timpa di Leucatia” cui hanno già aderito l’associazione Copernico, Lipu Catania, Legambiente Catania, Wwf Sicilia Nord-Orientale, Amici della Timpa, Ente Fauna Siciliana, Stelle e Ambiente, Cavalieri della Mercede Catania e Kiwanis international divisione 2 Etna.

            Il Comitato, che è apartitico, privo di finalità sindacale, non persegue fini di lucro e s’ispira ai principi e alle caratteristiche delle Associazioni di Promozione Sociale, persegue i seguenti scopi: promuovere e sostenere iniziative finalizzate alla tutela, valorizzazione e fruizione della Timpa di Leucatia, intervenendo presso Enti pubblici e privati al fine di coinvolgerli nelle suddette iniziative offrendo loro il contributo all’uopo necessario; proporre agli Enti Locali pubblici e privati iniziative, programmi, studi e progetti per la istituzione di un Parco Urbano Intercomunale pubblico nell’area della Timpa di Leucatia ricadente nei Comuni di Catania e Sant’Agata li Battiati che comprende la scarpata ricoperta da macchia mediterranea che si estende da Villa Papale a Monte San Paolillo, l’ambiente umido e il pianoro sovrastante la scarpata.

 

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VIAGGIO NEL DEGRADO DEI MONUMENTI E RUDERI STORICI DELLA CITTÀ DI CATANIA

Il quotidiano La Sicilia di oggi, martedì 8 febbraio 2022, pubblica a pagina VI del tomo “Cronaca di Catania”, l’ennesimo articolo-denuncia a firma di chi scrive sull’inaccettabile degrado in cui versano alcuni tra i più importanti monumenti e ruderi storici della nostra città, mortificati dal vergognoso comportamento di taluni catanesi che non amano la loro città e dall’incuria di coloro che hanno il compito istituzionale di impedire che ciò accada.
Per facilitare la lettura dell’articolo, trascrivo qui di seguito il testo integrale.
Giuseppe Sperlinga
La cinquecentesca chiesa di Santa Chiara di via Garibaldi, la secentesca Fontana dei Sette Canali di piazza Alonzo Di Benedetto (alla pescheria), i ruderi del secentesco acquedotto benedettino che trasportava l’acqua delle sorgenti della Licatia fino al monastero di piazza Dante, i ruderi della cinquecentesca Torre del Vescovo all’angolo di via Plebiscito con via Antico Corso, l’ottocentesca meridiana di Sartorius e Peters all’interno della monumentale basilica benedettina di piazza Dante, il monumento del 1935 al cardinale Dusmet di piazza San Francesco d’Assisi, il monumento ai Caduti del lungomare. E ci fermiamo per non arrivare alla fine dell’articolo ricordandoli tutti i monumenti e i ruderi storici mortificati sia dal comportamento dei tanti (troppi) incivili che allignano nella nostra città, sia dall’incuria di chi dovrebbe proteggerli.
La chiesa di Santa Chiara (nell’annesso monastero delle Clarisse, il Verga, nel 1871, ambientò il suo celebre romanzo “Storia di una capinera”) è uno scrigno di opere d’arte che è, purtroppo, quasi sempre chiuso da quando la chiesa è stata declassata a rettoria: sull’altare dell’Immacolata vi è una tela di Olivio Sozzi; su quello di San Lorenzo spicca un dipinto di Pietro Paolo Vasta; l’altare maggiore è adornato dalle statue di S. Chiara e S. Francesco; l’altare di S. Chiara è sormontato da una bella tela di Sebastiano Conca e quello del SS. Crocefisso custodisce un prezioso reliquiario. La parte centrale della volta è affrescato dal “Il Trionfo delle Clarisse”, opera del 1766 di Francesco Sozzi. Ebbene, nessuna targhetta indica il nome dell’autore di tali opere d’arte. Per non dire del bellissimo pavimento di marmi policromi e della dorata gelosia della cantoria posta sopra l’ingresso. Infine, un piccolo “gioiello” che pochi catanesi conoscono: sulla parete di un corridoio all’esterno della chiesa vi è un sepolcro risalente al 1568: nell’epigrafe latina si legge che vi sono custoditi i resti mortali del “reggente Battista Seminara (…) che Carlo V imperatore col re Filippo lo sperimentarono uomo esimio per consiglio (…)”. La chiesa fu gravemente danneggiata dal terremoto del 1693 e ricostruita nel 1760 su progetto dell’architetto catanese Giuseppe Palazzotto. I bombardamenti aerei del 1943 distrussero le tombe delle Clarisse nell’orto adiacente e danneggiarono la canonica, che fu ricostruita dopo la guerra. Oggi, è condannata a subire l’oltraggio di cinque cassonetti della spazzatura, cui ignoti incivili hanno dato più volte alle fiamme, che annerirono il muro laterale della via omonima. Una ventina di giorni fa furono rimossi e spostati altrove, ma fu un rimedio peggiore del male, perché la gente del quartiere continuò a depositare la spazzatura a terra e ciò ha fatto sì che i cassonetti tornassero al loro posto e a deturpare la visione della chiesa ai turisti che passano per via Garibaldi.
Altri ruderi sfregiati è la Torre del Vescovo, così detta perché acquistata dal vescovo di Catania, Antonio de’ Vulpone, per farne un lazzaretto. È sempre sporca sia all’interno sia all’esterno, l’aiuola adiacente è un ricettacolo di rifiuti, raramente da queste parti si vede da un netturbino. Qui, la targa turistica c’è, ma da almeno un mese rudere e targa sono spariti alla visione perché qualcuno vi ha abbandonato proprio davanti un furgone. Di fronte, il fossato tra la via Antico Corso e l’ex ospedale Santo Bambino continua a essere utilizzato come discarica pubblica abusiva.
In piazza Alonzo Di Benedetto, sotto una grande arcata nel fianco del palazzo dei Chierici, la Fontana dei Sette Canali, risalente al 1612 e alimentata dall’Amenano, versa in un impressionante stato di squallore e di abbandono. In seguito alla terribile alluvione che il 26 ottobre dello scorso anno colpì la nostra città, la fontana subì gravi danni, tra cui il distacco di una epigrafe in latino incisa su una lastra di marmo rettangolare e ancora non restaurata. Il desolante aspetto del sito è acuito dalla presenza dell’immancabile spazzatura, uno spettacolo indecoroso che si presenta agli occhi dei turisti attratti dalla pescheria. Nessuna targa spiega ai turisti di cosa si tratta.
I ruderi dell’acquedotto dei Benedettini sono ancora oggi visibili all’inizio di via Tito Manlio Manzella, all’interno del parco Gioeni e nella parte alta di via Palazzotto, oltre a quelli superstiti in piazza Montessori. I primi tre segmenti della secentesca opera di ingegneria idraulica sono mortificati da uno squallido stato di abbandono: i ruderi di via Manzella sono circondati da una aiuola ormai senza la recinzione con i pali di castagno realizzata, nel 2012, a spese dei Lions Club di Catania e la tabella bilingue è resa illeggibile dai raggi solari. Quelli di via Palazzotto sono sottratti alla vista dei passanti perché ricoperti da una folta vegetazione e mortificati da una lunga fila di cassonetti, materassi, spazzatura. Pure qui nessuna tabella ne indica la presenza. Gli unici spezzoni che non hanno ancora subìto l’onta del degrado sono quelli all’interno del parco Gioeni (una bella tabella ne spiega il significato) e quelli non segnalati di piazza Montessori, che si salvarono dalla distruzione, negli anni ’70 del secolo scorso, grazie alla dura opposizione degli abitanti dei palazzi vicini quando costruirono (proprio lì!) un edificio scolastico.
Pure la meridiana di San Nicolò l’Arena, per diversi mesi dell’anno passato, fu oltraggiata da un consunto tappeto disteso in corrispondenza dell’altare maggiore. Il decoro di questo “gioiello” della Gnomonica ottocentesca sarà presto restituito grazie all’intervento del presidente della VII commissione Cultura, prof. Giovanni Grasso, che ha materialmente rimosso il tappeto e ha già reperito i fondi necessari per la sua pulizia.
È una pugnalata inferta al cuore dei catanesi l’ignobile stato di degrado in cui versa il monumento al cardinale Dusmet. Progettato dall’architetto Raffaele Leone (la statua bronzea è di Silvestro Cuffaro e gli altorilievi di Mimì Lazzaro), il monumento ha le aiuole sempre assediate dai rifiuti e la retrostante vasca circolare in pietra lavica da chissà quanto tempo senza lo zampillo d’acqua e colma di acqua verdastra e spazzatura.
Degrado perenne, infine, dentro e fuori il monumento ai Caduti del lungomare, a ridosso del piccolo borgo marinaro di San Giovanni li Cuti. Progettato una trentina di anni fa dall’architetto Renato Basile, è sempre oltraggiato dalle stupide scritte di incivili dalla bomboletta spray facile e assediato dalla spazzatura, con le due fontanelle in pietra lavica mute da chissà quanto tempo e utilizzate come ricettacolo di rifiuti.
Finisce qui il nostro viaggio nel degrado dei monumenti e ruderi storici di Catania con l’amara consapevolezza di chissà quanti altri ne abbiamo lasciato nella penna.
GIUSEPPE SPERLINGA
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2 febbraio 2022: 51° anniversario della Convenzione di Ramsar e la Giornata Mondiale delle Zone Umide.
A Catania, un gruppo di associazioni ambientaliste e culturali hanno promosso un evento virtuale e un incontro dei rappresentanti dei singoli sodalizi, che si è tenuto, alle 11 de 2 febbraio 2022, con la partecipazione del presidente della Commissione Urbanistica del Comune di Catania, avv. Manfredi Zammataro, per sostenere e ribadire ancora una volta l’importanza della tutela, valorizzazione e fruizione della Timpa di Leucatia, alla base della quale vi è un ambiente umido d’acqua dolce ormai inglobato nel tessuto urbano, vero e proprio scrigno di biodiversità, con un obiettivo da raggiungere: l’istituzione di un’area protetta pubblica.
I particolari dell’incontro li potrete leggere nell’articolo a firma di Paolo Di Grazia pubblicato su La Sicilia del 3 febbraio 2022.
Le associazioni, che si ringraziano per l’adesione, erano: Amici della Terra, Cavalieri della Mercede Catania, Cepes, Copernico, Ente Fauna Sicilia, Kiwanis International Divisione 2 Etna, Legambiente Catania, Lipu, Stelle e Ambiente.
Giuseppe Sperlinga
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CIELO FEBBRAIO DOMINATO DAI DIOSCURI CASTORE E POLLUCE

CIELO FEBBRAIO DOMINATO DAI DIOSCURI CASTORE E POLLUCE

Nel cielo delle fredde notti di febbraio continua la lenta sfilata celeste delle costellazioni invernali, che continuano a spostarsi a occidente e che presto lasceranno la scena a quelle primaverili, le quali hanno già fatto capolino sul versante opposto del firmamento. La volta celeste è ancora dominata dall’imponente costellazione di Orione, il grande cacciatore citato da Giuseppe Parini nell’incipit di una delle sue più note odi, “La Caduta”: “Quando Orion dal cielo/declinando imperversa/e pioggia e nevi e gelo/sopra la terra ottenebrata versa”. Si continua a favoleggiare sul presunto identico allineamento delle tre piramidi di Giza, quelle dei faraoni Cheope, Chefren e Micerino, con quello delle tre stelle Alnitak, Alnilam e Mintaka che formano la cintura di Orione. È stato dimostrato che tale correlazione attualmente non sussiste né sussisteva all’epoca della costruzione delle piramidi, avvenuta nel 2.450 a.C. L’esatta corrispondenza si sarebbe verificata nel 12.000 a.C. La costellazione tipica di febbraio, però, è quella dei Gemelli, dedicata ai Dioscuri Castore e Polluce, figli di Leda e di Zeus, che ingannò la regina di Sparta sotto forma di cigno. In realtà, i due astri sono gemelli… diversi. Anzitutto perché, pur sembrando vicine nel cielo, distano una decina di anni luce tra esse e non hanno alcun legame fisico. Inoltre, Castore è di colore bianco e non è una singola stella come la più luminosa Polluce di colore arancione, ma un sistema multiplo formato da ben sei stelle. Duemila anni fa, il 21 giugno, il Sole era proiettato tra le stelle della costellazione del Cancro e i suoi raggi erano allo zenit sul parallelo terrestre che per questo è chiamato “Tropico del Cancro”. Non è più così, oggi, perché a causa della precessione degli equinozi il Sole transita tra le stelle della costellazione dei Gemelli. Ma ciò non causerà il cambio di denominazione in “Tropico dei Gemelli”.

Alzando lo sguardo allo zenit, in direzione Nord-Est, si può individuare facilmente il Gran Carro dell’Orsa Maggiore. Al di sotto di esso spicca la silhouette del Leone con la luminosa Regolo (Piccolo Re) e, proseguendo lungo l’eclittica verso Ovest, vedremo le poco appariscenti stelline del Cancro, le brillanti Castore e Polluce dei Gemelli, il Toro con l’appariscente stella gigante arancione Aldebaran, l’Ariete e i Pesci. Verso Nord, il Perseo e l’Auriga, a Sud-Ovest Orione e a Sud-Est l’Eridano e la Balena. Tra i Gemelli e il Toro, in alto, sono riconoscibili l’Auriga (il Cocchiere) con la luminosa Capella, in basso vi è Orione con gli inseparabili Sirio del Cane Maggiore e Procione del Cane Minore (queste ultime due stelle insieme con Betelgeuse di Orione formano l’asterismo del “Triangolo invernale”). Dalla parte opposta del Gran Carro, si staglia la “W” della vanitosa regina Cassiopea con accanto la “casetta” del regale consorte Cefeo. A occidente, si accingono a salutarci le costellazioni di Andromeda, dell’Ariete e del Triangolo. Nel cielo di Nord-Est, già ha fatto la sua apparizione il Bifolco (Boote) con la gigante rossa Arturo (la stella più luminosa dell’emisfero celeste boreale, nonché la quarta stella più brillante del cielo notturno dopo Sirio, Canopo e alfa Centauri), ormai completamente sorto a Nord-Est, poi Chioma di Berenice, i Cani da Caccia, il Cratere e l’Idra.

Rapido excursus planetario. Mercurio, Venere e Marte saranno visibili nel cielo orientale prima del sorgere del Sole, tutt’e tre tra le stelle del Sagittario. Chi ama alzarsi prima dell’alba, l’11 febbraio potrà ammirare una bella congiunzione tra Marte e Venere e, più in basso, potrà individuare Mercurio. È, questo, il momento migliore per osservare il piccolo ed elusivo pianeta poiché sarà nel suo punto più alto sopra l’orizzonte nel cielo mattutino poco prima che sorga il Sole. Alle 5.30 del 27 febbraio, infine, il falcetto della Luna prossima al novilunio formerà una terna celeste con Venere e Marte. Il gigantesco pianeta gassoso Giove appare dopo il tramonto nell’orizzonte occidentale. Il pianeta degli anelli Saturno sarà invisibile per buona parte del mese perché in congiunzione col Sole e tornerà a essere visibile dopo il 20. Gli ultimi due giganti gassosi Urano e Nettuno sono osservabili in prima serata, il primo nella costellazione dell’Ariete, il secondo in quella dell’Acquario.

GIUSEPPE SPERLINGA

 

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