DEGRADO ATTORNO AI RUDERI DELL’ACQUEDOTTO BENEDETTINO
La via Lavatoio è lunga una novantina di metri e corre parallela ai ruderi del secentesco acquedotto benedettino, tra le vie Tito Manlio Manzella e Francesco Lo Jacono. Come tutte le strade che segnano il confine tra due Comuni (nel nostro caso, Catania a est, S. Agata li Battiati a ovest), anch’essa è terra di nessuno e continua a essere utilizzata come discarica pubblica abusiva a cielo aperto da incivili che vi depositano ogni tipo di rifiuti, soprattutto sul versante Battiati. Qui, infatti, ormai invisibili perché ricoperti dalla vegetazione spontanea, giacciono pneumatici, materiali di risulta, spazzatura, plastica, vetro, mobili rotti, residui di verdure selvatiche, insomma c’è di tutto. Ultimo arrivato, un divano, verosimilmente scaricatovi nottetempo.
Gli incivili sono agevolati dal fatto che questo tratto di strada è privo di illuminazione e dalla totale assenza di netturbini. A chi spetta il compito di tenere pulito? A Battiati? A Catania? A entrambi i Comuni? Quale che sia il Comune, una cosa è sicura: è indegno di una società civile tenere nel degrado permanente l’area circostante ai ruderi della più imponente opera d’ingegneria idraulica del Seicento cittadina, qual è appunto l’acquedotto voluto quasi quattro secoli fa dai Padri benedettini per trasportare le limpide acque sorgive della Licatia fino al monastero di piazza Dante per iloro fabbisogno idrico e per quello dei catanesi.
Dieci anni fa, l’area fu bonificata grazie sia all’intervento economico elargito da una mezza dozzina di Lions Club cittadini, sia all’opera dei marines americani di stanza a Sigonella e all’abbellimento floreale realizzato dagli studenti dell’istituto tecnico agrario di via del Bosco. In quell’occasione, attorno ai ruderi dell’acquedotto e all’ingresso dell’ambiente umido della Timpa di Leucatia furono ripristinate le recinzioni con pali di castagno e si installarono due capannine di legno che esponevano altrettanti poster bilingue con informazioni storico-naturalistiche sulla Timpa e sull’acquedotto. Dopo, però, nessuno si curò della loro manutenzione e, a poco a poco, tutto è andato in malora sia per l’incuria di chi di dovere, sia per le ingiurie del tempo e, in assenza di sorveglianza, questo tratto di via Lavatoio è precipitato in uno stato di squallido e inaccettabile degrado.
È giunto il momento che i Comuni di Catania e Battiati intervengano per restituire decoro e dignità alla strada, cominciando a far rimuovere da subito quell’osceno rifiuto ingombrante e la spazzatura che alligna lungo il bordo lato Battiati. Poi, occorre impedire la fuoriuscita delle acque sorgive dalla canaletta che viene ostruita da coloro che vi lavano le verdure selvatiche prima di rivenderle; far ripulire l’aiuola attorno al rudere dell’acquedotto; far ripristinare le recinzioni e le capannine di legno e, con esse, i poster illustrativi; far sradicare quella decina di banani ormai secchi che qualcuno ha inopportunamente messi a dimora in un ambiente con caratteristiche floristico-vegetazionali totalmente diverse. Infine, far illuminare quel tratto di strada e videosorvegliarla; far ispezionare periodicamente da pattuglie di vigili urbani e carabinieri.
È chiedere troppo mantenere pulito un angolo di città ricco di testimonianze storico-naturalistiche?
GIUSEPPE SPERLINGA
COSTITUITO IL COMITATO CIVICO PER IL PARCO DELLA TIMPA DI LEUCATIA
La Timpa di Leucatia, con i suoi 45 ettari di estensione, poteva e doveva essere il maggior parco cittadino se avesse avuto un seguito l’accordo di programma, sottoscritto il 30 dicembre del 2004, tra l’Università di Catania e i Comuni di Catania e S. Agata li Battiati. Diciotto anni dopo, il progetto è caduto nell’oblìo. Intanto, la Timpa continua a subìre aggressioni ambientali di ogni tipo; miliardi di litri all’anno delle acque dell’Etna che sgorgano dalle numerose sorgenti si disperdono in mare; i ruderi della “botte dell’acqua” e dei primi due tronconi dell’imponente secentesco acquedotto benedettino sono ricoperti dalla vegetazione spontanea o soffocati dai rifiuti; l’ecomostro degli anni Settanta del secolo scorso è sempre lì, a pochi metri di distanza dalla Villa Papale, che fu casa di villeggiatura e convalescenziario dei monaci benedettini; il sito archeologico di monte San Paolillo ha subìto danni irreversibili da una costruzione in cemento armato con le autorizzazioni di Soprintendenza e Comune di Catania là dove non si poteva edificare nemmeno la cuccia di un cane; nel delicato ambiente umido, per anni, gli uccellatori hanno esercitato la loro criminale attività di cattura di usignoli di fiume, cardellini e altre specie di uccelli; gli incendi hanno più volte devastato sia il raro ambiente umido d’acqua dolce, sia la vegetazione a macchia mediterranea.
Finora, a nulla sono valse le numerose ricerche scientifiche effettuate da naturalisti universitari e gli appelli delle associazioni ambientaliste finalizzate alla istituzione di un parco urbano intercomunale. In questa prospettiva, un nuovo impulso viene adesso dal neo costituito “Comitato civico per il Parco della Timpa di Leucatia” cui hanno già aderito l’associazione Copernico, Lipu Catania, Legambiente Catania, Wwf Sicilia Nord-Orientale, Amici della Timpa, Ente Fauna Siciliana, Stelle e Ambiente, Cavalieri della Mercede Catania e Kiwanis international divisione 2 Etna.
Il Comitato, che è apartitico, privo di finalità sindacale, non persegue fini di lucro e s’ispira ai principi e alle caratteristiche delle Associazioni di Promozione Sociale, persegue i seguenti scopi: promuovere e sostenere iniziative finalizzate alla tutela, valorizzazione e fruizione della Timpa di Leucatia, intervenendo presso Enti pubblici e privati al fine di coinvolgerli nelle suddette iniziative offrendo loro il contributo all’uopo necessario; proporre agli Enti Locali pubblici e privati iniziative, programmi, studi e progetti per la istituzione di un Parco Urbano Intercomunale pubblico nell’area della Timpa di Leucatia ricadente nei Comuni di Catania e Sant’Agata li Battiati che comprende la scarpata ricoperta da macchia mediterranea che si estende da Villa Papale a Monte San Paolillo, l’ambiente umido e il pianoro sovrastante la scarpata.