SALVATORE FRANCO, PRETE E SCIENZIATO DI BIANCAVILLA (CT)
SALVATORE FRANCO, IL PRETE-SCIENZIATO DI BIANCAVILLA CHE NEL 1900 VINSE LA MEDAGLIA D’ORO ALL’ESPOSIZONE UNIVERSALE DI PARIGI
Nel 1868, la cittadina di Biancavilla diede i natali al geniale sacerdote-scienziato Salvatore Franco. Pochi sono i biancavillesi che se ne ricordano, ancor meno i catanesi. Eppure, nel 1900, Franco vinse la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi per la sua ingegnosa invenzione del “Calendario perpetuo meccanico”, del quale esiste al mondo un unico modello, oggi, custodito ed esposto nel Museo diocesano di Catania. L’Osservatore Romano del 27 agosto dello stesso anno così commentò il prestigioso riconoscimento attribuito a Franco: “Fra i nomi di quegli scienziati che più si sono distinti, onorando così la Patria all’Esposizione Universale di Parigi, quello del Prof. Franco da Catania si eleva al di sopra degli altri per dottrina e per merito. Egli sin da giovanetto si dedicò con tanto ardore allo studio delle Scienze matematiche che in breve tempo s’attirò l’ammirazione del P. Denza e di altri Astronomi, avendolo costoro trovato in pieno possesso della Meccanica, dell’Ottica e dell’Analisi Sublime. A soli 18 anni (Franco era ancora un giovane chierico del Seminario Arcivescovile di Catania, ndr) fece una bellissima macchina che chiamò Calendario Perpetuo Meccanico, che da molti professori e scienziati venne ritenuta una vera e grandiosa invenzione. È un apparecchio che messo in movimento per un meccanismo d’orologeria serve ad indicare le date di ciascun anno cioè: la Festa di Pasqua, le Feste Mobili, la Epatta, la Lettera Domenicale, il Numero d’Oro, l’Indizione Romana, le Ore della levata e del tramonto del Sole. Questo suo primo lavoro esaminato nell’esposizione Vaticana del 1888 in Roma dal P. Ferrari e dagli altri insigni matematici di Montecassino, i quali ne rimasero ammirati, venne premiato, benché ancora in embrione molto rozzo e ristretto, con medaglia di bronzo. Ed ora già modificato ed in forme più eleganti è stato all’Esposizione Universale di Parigi premiato con Medaglia d’Oro, primo premio designato a strumenti di simil genere della Sezione Italiana”. Sette anni dopo, il Calendario perpetuo meccanico sarà presentato all’Esposizione di Catania e gli valse il conferimento di una seconda medaglia d’oro.
Salvatore Franco fu un fine studioso di Gnomonica e ingegnoso progettista di quadranti solari, come l’Horologium Solarium Catanensium, realizzato tra il 1888 e il 1890; i due complessi quadranti solari del seminario di San Giovanni La Punta, uno dei quali capace di mettere in relazione l’ora locale con il mezzogiorno relativo al fuso orario corrispondente; l’orologio a riflessione funzionante mediante un gioco di specchi. L’Horologium Solarium Catinensium era collocato su una parete di un edificio della corte dell’Arcivescovado di Catania, in via Vittorio Emanuele, proprio di fronte al portone da cui il cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet, uscendo, poteva leggere l’ora segnata dall’ombra proiettata dallo stilo gnomonico. Agli inizi degli anni Venti del ‘900, il quadrante solare fu inspiegabilmente rimosso dalla sua parete e i frammenti marmorei accantonati per terra, in un angolo del cortile dell’Arcivescovado. Vi rimarranno per ben 84 anni, per tutti erano insignificanti pezzi di marmo senza storia. Il principale artefice del recupero dei frammenti marmorei dell’orologio solare di Padre Franco è stato un geometra nisseno di origine, ma catanese di adozione: Michele Trobia, esperto di Gnomonica e progettista di quadranti solari, cui abbiamo chiesto quando ha avuto inizio la storia del rinvenimento e del recupero di ciò che rimaneva dell’ottocentesca meridiana di Franco. “Tutto cominciò un giorno di luglio del 1996 – ricorda Trobia – quando mi accorsi che in un angolo della corte del Palazzo della Curia Arcivescovile giacevano i frammenti marmorei di un antico quadrante solare, assai mal ridotto e con moltissime parti mancanti sia nelle rette orarie sia nelle frasi riportate. Compresi subito che si trattava del quadrante solare del sacerdote-scienziato biancavillese. Ne parlai all’amico Luigi Prestinenza, che subito pubblicò diversi articoli su La Sicilia che servirono a portare alla ribalta della cronaca l’esistenza di questo quadrante. Gli articoli sollecitavano le autorità competenti a prendersi cura dell’orologio e riportarlo, dopo un adeguato restauro, agli antichi splendori, perché potesse essere ammirato e ‘letto’, essendo esso uno strumento di altissimo valore didattico oltre che artistico e storico”.
Successivamente, Trobia sottopose il problema all’attenzione dell’arcivescovo pro tempore, monsignor Luigi Bommarito, che tramite il suo Vicario, monsignor Pappalardo, gli fece sapere che si riprometteva di recuperare il quadrante solare e di ricollocarlo nella sede appropriata. “Purtroppo – aggiunge con amarezza Trobia – difficoltà di ordine generale e le vicende che si susseguirono riguardanti le personalità allora coinvolte, fecero bloccare per qualche tempo il progetto di recupero e di restauro del quadrante. Fra l’altro, proprio in quel tempo, mons. Bommarito lasciò la guida della Diocesi, per raggiunti limiti d’età, e venne così a mancare il più importante punto di riferimento dell’intera operazione, tanto è vero che si rivelarono inutili i tentativi di sollecitarne il recupero attraverso altri articoli su La Sicilia, sempre a firma dell’indimenticabile Prestinenza”. L’orologio solare di Salvatore Franco ricadde nell’oblìo, tutto tacque per anni, durante i quali il frammento marmoreo più grosso fu, addirittura, rimosso e appeso sulla parete occidentale della Corte di Palazzo degli Elefanti, come un pezzo di antiquariato qualsiasi. Vi rimarrà fino al 2010, quando Trobia torna alla carica e ripropone il problema del recupero e restauro conservativo del quadrante solare all’attuale Arcivescovo Metropolita, monsignor Salvatore Gristina, il quale comprese subito l’importanza del restauro e, attraverso i suoi diretti collaboratori, avviò le operazioni di recupero e restauro del quadrante solare. “Alla ripresa delle operazioni di restauro – continua Trobia – avvenuta nel 2011, altri piccoli frammenti furono ritrovati e custoditi dal signor Gerardo Turchetti, dipendente dello stesso Arcivescovado, dopo di che fu possibile portare a termine il restauro conservativo, che è stato eseguito dagli esperti del Laboratorio Conservazione Beni Culturali “Calvagna Restauri” di Aci Sant’Antonio. La costruzione dei vari elementi dello ‘stilo’ (con la sola esclusione della ‘stella a sette punte’), degli ‘ortostilo’ e del cono di appoggio della lemniscata laterale destra, il loro assemblaggio e ancoraggio sono state opere eseguite, secondo precise indicazioni gnomoniche, dal signor Antonino Allegra”. La mattina del 15 maggio 2012, l’orologio solare di Salvatore Franco è stato restituito al suo antico splendore ed è tornato a funzionare su quella stessa parete della corte del Palazzo Arcivescovile di Catania per la quale era stato progettato, dopo alcuni mesi di paziente e certosina opera di ricostruzione e restauro conservativo, A inaugurarlo, è stato l’arcivescovo metropolita mons. Salvatore Gristina, davanti a un pubblico di studiosi, astronomi e cultori di Gnomonica, semplici cittadini, tra i quali, su una sedia a rotelle, Luigi Prestinenza, il giornalista-astrofilo e già caposervizio del nostro giornale (sarà la sua ultima uscita pubblica, perché ci lascerà tre mesi dopo, il 4 settembre). Il quadrante solare di Salvatore Franco, che fu realizzato grazie al generoso finanziamento di monsignor Antonino Caff, riporta le ore vere del Meridiano di Catania e le curve a forma di otto (le “lemniscate”) per la lettura del Tempo Medio di Palermo. Lo stilo era di tipo “polare”, vale a dire disposto in maniera parallela all’asse di rotazione della Terra. Nella parte superiore del quadrante solare è riportata, rigorosamente in latino, la frase “Horologium solarium catanensium adiunctis horarum lineis ad medium panormitanum tempus” (Orologio solare catanese con l’aggiunta delle linee a tempo medio di Palermo), mentre in quella inferiore campeggia la scritta “Dies nostri quasi umbra super terram et nulla est mora. 1° paralip. XXIX, 15” (Come un’ombra sono i giorni nostri sulla Terra e non c’è speranza di ritardarla o fermarla. 1° libro dei paralipomeni paragrafo 29, versetto 15). E, ancora: “Si vis tempus viae ferreae heic horae panormi adiunge min. 6’ 28’’ (Se vuoi il tempo delle ferrovie corrispondente al tempo di Palermo aggiungi 6’ 28’’). Nella ricostruzione e traduzione delle frasi latine, sia di quelle ricavate dalla Bibbia sia di quelle inerenti alla lettura del quadrante solare, Trobia si è avvalso della preziosa collaborazione di uno dei più noti gnomonisti italiani, il latinista sacerdote prof. Alberto Cintio, parroco nella città di Porto S. Giorgio, in provincia di Fermo, nelle Marche.
Altri due orologi solari progettati da Padre Franco di altissimo pregio e valore storico-didattico si trovano su una parete dell’Istituto Villa Angela di San Giovanni la Punta, antica sede estiva del Seminario arcivescovile. Purtroppo, non sono più funzionanti, perché occultati da una tettoia che non consente ai raggi solari di raggiungerli, ma che meriterebbero di essere recuperati e riportati agli antichi splendori per essere apprezzati da quanti hanno a cuore questi strumenti che silenziosamente insegnano tanto e, ancora di più, per onorare la memoria di un sacerdote, un uomo, che dette lustro alla sua Chiesa con questi piccoli, grandi strumenti che costruiva con passione senza mai scordarsi, ricordandolo con le citazioni sugli orologi solari, di essere un uomo di Dio. Padre Franco mai nulla chiese e fu amato e benvoluto dal cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet e da monsignor Caff, che ne finanziava le opere. Pure il successore di Dusmet, il cardinale Giuseppe Francica Nava, stimava Salvatore Franco e ne finanziò, nel 1900, il viaggio a Parigi per partecipare all’Esposizione Universale.
Questa, in sintesi, la storia di un prete-scienziato dimenticato e del tormentato progetto di recupero e di restauro del suo Horologium Solarium Catinensium, autentica perla della Gnomonica ottocentesca che è possibile ammirare ed essere studiata da quanti ne vorranno comprendere tutto ciò che esso “silenziosamente ci dice”. Biancavilla ha dedicato a Salvatore Franco un’anonima “via Sacerdote Franco”, senza alcun nome di battesimo. Ancor peggio ha fatto la sua città di adozione, Catania, che non ha mai ritenuto di dedicargli una delle tante nuove strade cittadine. In attesa, si potrebbe almeno apporre un cartello segnaletico in via Vittorio Emanuele, all’ingresso dell’Arcivescovado, a beneficio dei turisti e degli stessi catanesi.
GIUSEPPE SPERLINGA
PARENTESI STORICA
Nella prima metà dell’800, ogni città aveva un proprio orario regolato sul proprio meridiano. Ciò era sufficiente a regolare le attività di ogni singola comunità. Con l’avvento della ferrovia emersero seri problemi di orari. Ciò perché quando era il mezzogiorno per una città non era il mezzogiorno per un’altra città posta a Est o a Ovest della prima, a causa del moto apparente del Sole che si sposta da oriente a occidente e che segna il mezzogiorno quando nel suo percorso raggiunge il punto più alto e cioè il meridiano del luogo. In Italia, nel 1866, vi erano ben sei società ferroviarie (Torino, Verona, Firenze, Roma, Napoli e Palermo), ciascuna con una propria identità oraria che si riferiva alla stazione di origine. Era necessario ripensare, dunque, il sistema del tempo, soprattutto per le ferrovie che dovevano funzionare con regolarità e sicurezza. All’inizio, infatti, non esistevano che tronchi isolati e l’ora che regolava la loro attività era quella della città principale da cui partiva il tronco ferroviario. Diventando la struttura più complessa, si formarono tante ore ferroviarie quante erano le città principali e nelle stazioni di passaggio da un tronco all’altro si passava dal regime di un’ora a quello di un’altra. Nel 1866, il giovane Regno d’Italia, capitale Firenze e capo del governo Bettino Ricasoli, con il Regio Decreto del 22 settembre 1866, n° 3224, adottò come ora legale per le province peninsulari l’ora del Meridiano di Roma, per la Sardegna e la Sicilia l’ora rispettivamente di Cagliari e Palermo. Il 12 dicembre 1866, le Amministrazioni Ferroviarie, dunque, adottarono un unico orario ferroviario che si riferiva al Tempo Medio di Roma e s’inaugurò dapprima la tratta Messina-Taormina-Giardini, di 47 km, e poi, il 3 gennaio del 1867, il tronco successivo di altri 47 km, che raggiungeva la stazione di Catania Centrale, costruito contro il parere della maggioranza dei catanesi che avrebbero voluto il tracciato ferroviario più a nord della città. Ciò comportò, infatti, lo scempio della scogliera dell’Armisi e, per la prosecuzione verso Siracusa, la costruzione degli Archi della Marina, che avrebbe sottratto ai catanesi la visione e la fruizione di un litorale lavico di incomparabile bellezza. Soltanto la Sicilia, per regolare i propri orari ferroviari, mantenne il meridiano di Palermo fino al 1893. Nella nostra isola, si verificarono delle discordanze fra l’orario ferroviario, regolato secondo il meridiano di Palermo, e l’orario civile regolato secondo il meridiano di Catania. Nell’ambito regionale, nel 1867, divennero utilissime le Tavole di Riduzione di Francesco Caruso riguardanti gli orari ferroviari per tutte le stazioni della tratta Messina-Catania. Egli riferì gli orari ferroviari di arrivo e di partenza di tutte le stazioni, al meridiano di Palermo. Per esempio, se un treno partiva alle 11,30 (orario di Palermo) significava che con l’orologio di Catania erano le 11h,36m, 28s. Si leggeva l’ora che non era quella locale, ma quella riferita al meridiano di Palermo. Nel 1884, una Commissione internazionale divise la Terra in 24 fusi orari di 15° partendo dal meridiano di Greenwich 0°. Il territorio compreso entro i 15° di longitudine adottò l’ora del meridiano centrale del fuso di appartenenza. Tutto così fu regolarizzato e in Sicilia questo nuovo sistema entrò in vigore soltanto nel 1893. Il quadrante di Salvatore Franco riporta le “lemniscate” (caratteristiche forme a “otto”) che indicano il tempo Medio di Palermo su cui erano regolati gli orari ferroviari e le rette orarie del tempo vero riferite al meridiano di Catania e spostate della differenza di longitudine fra Palermo e Catania. In questo modo, con il quadrante solare, Salvatore Franco si proponeva di consentire la determinazione del Tempo Medio di Palermo secondo cui era tabulato l’orario ferroviario, dell’ora del Tempo Medio di Catania corrispondente al Tempo Medio di Palermo, del Tempo Medio di Catania per regolare gli orologi regolati sul Meridiano di Catania e, infine, di determinare, in base alla lettura del Tempo Vero di Catania, quale fosse il corrispondente Tempo Medio di Palermo. Il quadrante di Salvatore Franco, dunque, si può collocare verosimilmente intorno agli anni dal 1888 al 1890 e in perfetta sintonia con il sistema orario adottato in quel periodo.
G.S.
Frasi riportate sul quadrante solare nella parte superiore
- HOROLOGIUM SOLARIUM CATANENSIUM ADIUNCTIS HORARUM LINEIS AD MEDIUM PANORMITANUM TEMPUS (OROLOGIO SOLARE CATANESE CON L’AGGIUNTA DELLE LINEE A TEMPO MEDIO DI PALERMO)
Frasi riportate sul quadrante solare nella parte inferiore
- DIES NOSTRI QUASI UMBRA SUPER TERRAM ET NULLA EST MORA <1° PARALIP. XXIX. 15>(COME UN’OMBRA SONO I GIORNI NOSTRI SULLA TERRA E NON C’E’ SPERANZA DI RITARDARLA O FERMARLA. 1° LIBRO DEI PARALIPOMENI) PARAGRAFO 29, VERSETTO 15.)
Col nome greco di “Paralipomeni”, vale a dire “delle cose tralasciate” dai precedenti Libri dei Re, erano conosciuti i due Libri oggi chiamati “Libri delle Cronache”. Questo fu il nome dato a essi a partire dal XVI sec. nella traduzione latina della Bibbia.
- SI VIS TEMPUS VIAE FERREAE HEIC HORAE PANORMI ADIUNGE min. 6’ 28’’ (SE VUOI IL TEMPO DELLE FERROVIE CORRISPONDENTE AL TEMPO DI PALERMO AGGIUNGI 6’ 28’’).
NEL CIELO DICEMBRE BRILLA MARTE MA PRESTO IL GRANDE CACCIATORE ORIONE GLI RUBERA’ LA SCENA CELESTE
CATANIA: OSCENA CAPITOZZATURA DEGLI OLEANDRI DELLA ROTATORIA DI VIALE TIRRENO
OSCENA CAPITOZZATURA DEGLI OLEANDRI DELLA ROTATORIA DI VIALE TIRRENO
Dopo l’incomprensibile drastico taglio di una parte degli oleandri di via Puglia, effettuato lo scorso luglio, una sorte ancora peggiore è toccata ai cespugli della stessa pianta che bordano la rotatoria di viale Tirreno, all’altezza del parcheggio “S. Sofia” dell’Università. Guardando l’orribile decapitazione cui sono stati sottoposti gli arbusti, si ha l’impressione che il verde cittadino sia affidato a persone con scarsa familiarità con il mondo vegetale. Le motoseghe degli operai della Catania Multiservizi, infatti, pure stavolta sono andate giù pesanti, eliminando di fatto tutte le parti verdi delle piante, lasciando moncherini di rami rivolti verso l’alto, quasi a voler gridare vendetta al cielo e agli uomini, un massacro che ha causato la distruzione di chissà quanti nidi di uccelli (ne abbiamo individuati quattro intatti), i resti vegetali lasciati per terra, all’interno e all’esterno della bordura, rimossi solo qualche giorno, invece di conferirli subito nell’isola ecologica che dista appena un centinaio di metri dal… luogo del delitto.
Ma gli operai della Multiservizi, è giusto riconoscerlo, sono semplicemente degli esecutori di ordini impartiti dai responsabili del Servizio gestione e manutenzione del Verde del Comune di Catania, i quali continuano a portare avanti la loro discutibile e personalistica manutenzione del verde pubblico, spesso in palese violazione dell’articolo 18 del vigente Regolamento del Verde pubblico e privato, approvato dal Consiglio Comunale il 6 agosto del 2019. Si automulterà il Comune? Saranno presi provvedimenti disciplinari e sanzioni pecuniarie nei confronti degli agronomi comunali che ne hanno ordinato l’ennesima oscena capitozzatura?
Si deve comprendere una volta per tutte che gli oleandri non si capitozzano, ma si potano all’inizio dell’autunno per eliminare i rami secchi, per sfoltire la chioma e si tagliano soltanto i rami dell’anno precedente. Inoltre, non va dimenticata la velenosità di tutte le parti dell’oleandro, che sono tossiche per il contenuto di oleandrina, un pericoloso alcaloide che altera il ritmo cardiaco con rallentamento del battito, nausea e vomito, una intossicazione che richiede il ricorso alle cure ospedaliere. Proprio per la loro tossicità, non bisogna mai bruciare rami di oleandri per cucinare alimenti alla brace o utilizzare per qualsiasi motivo i fiori, le foglie, i frutti, i rametti, i tronchi, né va piantato in cortili e giardini di edifici scolastici. Ai giardinieri professionisti e amatoriali, infatti, è consigliato indossare guanti robusti e impermeabili e non lasciare gli sfalci della potatura in giro.
GIUSEPPE SPERLINGA
CATANIA: BRUTALE CAPITOZZATURA DEI FICUS MICROCARPA DI LARGO BORDIGHERA
CAPITOZZATI PURE I FICUS DI LARGO BORDIGHERA
Fanno una pena indicibile, i Ficus microcarpa di largo Bordighera capitozzati e ridotti a scheletrici pali ramificati spogli di foglie, protesi verso il cielo quasi a voler chiedere aiuto. Fino a qualche giorno fa, erano alberi frondosi che davano ombra e frescura, le loro foglie rilasciavano ossigeno e rimuovevano cospicue quantità di anidride carbonica (un albero può azzerare quasi quattro tonnellate di anidride carbonica in vent’anni di vita) e trattenevano anche le pericolose polveri sottili oltre a fissare sostanze come benzene, ossidi di azoto, diossina e molte altre. Eppure, ciò nonostante, il Servizio tutela e gestione del Verde pubblico ha ordinato la loro capitozzatura agli operai della Catania Multiservizi, che a colpi di motosega hanno rimosso interamente o quasi le chiome, potando drasticamente pure quelle di alcuni oleandri con portamento arboreo.
Assessori e dirigenti comunali, spesso assaliti dal timor panico più che spinti dalla reale necessità di salvaguardare l’incolumità pubblica, scrivono ordinanze e ordinano esecuzioni di lavori convinti di mantenere gli alberi sani e sicuri. La città di Catania, dall’agosto 2019, si è dotata di un Regolamento del verde pubblico e privato che impone precise raccomandazioni e linee guida per ciò che riguarda la gestione del patrimonio arboreo cittadino. Ciò nonostante, gli scempi sono all’ordine del giorno: i platani di via VI Aprile, le siepi di oleandri di strade e rotatorie, i Ficus della circonvallazione. Si vedono ovunque tagli indiscriminati che non rispettano la fisionomia naturale delle piante, interventi scriteriati eseguiti da operai che eseguono ordini per “mettere in sicurezza gli alberi”, ignorando persino che è in vigore un Regolamento da rispettare che li obbliga a limitare la riduzione della chioma entro il 25%.
Non si protesta sull’onda emotiva suscitata dalla visione dei poveri alberelli capitozzati ridotti a scheletrici pali, ma perché numerose ricerche scientifiche effettuate studiosi agronomi arboricoltori (figura professionale che il Comune di Catania non ha in organico) sui danni riportati dagli alberi una volta privati della loro chioma sconsigliano questa barbara pratica che, nel tempo, indebolisce le piante e le rende vulnerabili alle patologie causate da germi che riescono a penetrarvi attraverso le lacerazioni dei tessuti delle superfici di taglio, peraltro mai coperte da sostanze cicatrizzanti. Ebbene, nonostante sia in vigore dall’agosto dello scorso anno il Regolamento sul Verde pubblico e privato, che all’articolo 18 vieta espressamente le capitozzature pena sanzione pecuniaria, si continua immotivatamente e impunemente a capitozzare. Quali pericoli, per i cittadini, costituivano i Ficus microcarpa di largo Bordighera tali da giustificare la eliminazione delle loro chiome? Perché privare della loro chioma alberi sempreverdi? Perché non limitarsi al taglio del seccume, dei rami bassi e sporgenti sulla sede stradale o protesi verso balconi e finestre dei palazzi vicini? Chi di dovere dovrà prima o poi dare una convincente e scientificamente valida risposta a tali interrogativi.
GIUSEPPE SPERLINGA
E’ MORTO FRANCO ANDRONICO.
CAPITOZZATURE NO STOP A CATANIA E PROVINCIA: DECAPITATI I LIGUSTRI A FASANO DI GRAVINA
CATANIA – CAPITOZZATI I PLATANI DI VIA VI APRILE
RIAPRIRE LA GROTTA DI VIA CECCHI E OSSERVATORIO ASTRONOMICO “LUIGI PRESTINENZA” A VALVERDE
Purtroppo, la recrudescenza dei contagi del Covid-19 ci ha costretto a fermare sia l’intervento del restauro dell’ottocentesco orologio solare a ore italiche di Valverde, sia l’installazione del nuovo orologio solare sempre a ore italiche progettato dall’ottimo e fraterno amico geometra Michele Trobia, interventi che saranno ripresi appena la situazione tornerà quanto meno a quella dell’inizio dell’estate, insieme con la donazione dei libri che costituiscono la biblioteca Prestinenza per volontà della sorella, professoressa Marialuisa Prestinenza