VIAGGIO NEL DEGRADO DEI MONUMENTI E RUDERI STORICI DELLA CITTÀ DI CATANIA
Il quotidiano La Sicilia di oggi, martedì 8 febbraio 2022, pubblica a pagina VI del tomo “Cronaca di Catania”, l’ennesimo articolo-denuncia a firma di chi scrive sull’inaccettabile degrado in cui versano alcuni tra i più importanti monumenti e ruderi storici della nostra città, mortificati dal vergognoso comportamento di taluni catanesi che non amano la loro città e dall’incuria di coloro che hanno il compito istituzionale di impedire che ciò accada.
Per facilitare la lettura dell’articolo, trascrivo qui di seguito il testo integrale.
Giuseppe Sperlinga
La cinquecentesca chiesa di Santa Chiara di via Garibaldi, la secentesca Fontana dei Sette Canali di piazza Alonzo Di Benedetto (alla pescheria), i ruderi del secentesco acquedotto benedettino che trasportava l’acqua delle sorgenti della Licatia fino al monastero di piazza Dante, i ruderi della cinquecentesca Torre del Vescovo all’angolo di via Plebiscito con via Antico Corso, l’ottocentesca meridiana di Sartorius e Peters all’interno della monumentale basilica benedettina di piazza Dante, il monumento del 1935 al cardinale Dusmet di piazza San Francesco d’Assisi, il monumento ai Caduti del lungomare. E ci fermiamo per non arrivare alla fine dell’articolo ricordandoli tutti i monumenti e i ruderi storici mortificati sia dal comportamento dei tanti (troppi) incivili che allignano nella nostra città, sia dall’incuria di chi dovrebbe proteggerli.
La chiesa di Santa Chiara (nell’annesso monastero delle Clarisse, il Verga, nel 1871, ambientò il suo celebre romanzo “Storia di una capinera”) è uno scrigno di opere d’arte che è, purtroppo, quasi sempre chiuso da quando la chiesa è stata declassata a rettoria: sull’altare dell’Immacolata vi è una tela di Olivio Sozzi; su quello di San Lorenzo spicca un dipinto di Pietro Paolo Vasta; l’altare maggiore è adornato dalle statue di S. Chiara e S. Francesco; l’altare di S. Chiara è sormontato da una bella tela di Sebastiano Conca e quello del SS. Crocefisso custodisce un prezioso reliquiario. La parte centrale della volta è affrescato dal “Il Trionfo delle Clarisse”, opera del 1766 di Francesco Sozzi. Ebbene, nessuna targhetta indica il nome dell’autore di tali opere d’arte. Per non dire del bellissimo pavimento di marmi policromi e della dorata gelosia della cantoria posta sopra l’ingresso. Infine, un piccolo “gioiello” che pochi catanesi conoscono: sulla parete di un corridoio all’esterno della chiesa vi è un sepolcro risalente al 1568: nell’epigrafe latina si legge che vi sono custoditi i resti mortali del “reggente Battista Seminara (…) che Carlo V imperatore col re Filippo lo sperimentarono uomo esimio per consiglio (…)”. La chiesa fu gravemente danneggiata dal terremoto del 1693 e ricostruita nel 1760 su progetto dell’architetto catanese Giuseppe Palazzotto. I bombardamenti aerei del 1943 distrussero le tombe delle Clarisse nell’orto adiacente e danneggiarono la canonica, che fu ricostruita dopo la guerra. Oggi, è condannata a subire l’oltraggio di cinque cassonetti della spazzatura, cui ignoti incivili hanno dato più volte alle fiamme, che annerirono il muro laterale della via omonima. Una ventina di giorni fa furono rimossi e spostati altrove, ma fu un rimedio peggiore del male, perché la gente del quartiere continuò a depositare la spazzatura a terra e ciò ha fatto sì che i cassonetti tornassero al loro posto e a deturpare la visione della chiesa ai turisti che passano per via Garibaldi.
Altri ruderi sfregiati è la Torre del Vescovo, così detta perché acquistata dal vescovo di Catania, Antonio de’ Vulpone, per farne un lazzaretto. È sempre sporca sia all’interno sia all’esterno, l’aiuola adiacente è un ricettacolo di rifiuti, raramente da queste parti si vede da un netturbino. Qui, la targa turistica c’è, ma da almeno un mese rudere e targa sono spariti alla visione perché qualcuno vi ha abbandonato proprio davanti un furgone. Di fronte, il fossato tra la via Antico Corso e l’ex ospedale Santo Bambino continua a essere utilizzato come discarica pubblica abusiva.
In piazza Alonzo Di Benedetto, sotto una grande arcata nel fianco del palazzo dei Chierici, la Fontana dei Sette Canali, risalente al 1612 e alimentata dall’Amenano, versa in un impressionante stato di squallore e di abbandono. In seguito alla terribile alluvione che il 26 ottobre dello scorso anno colpì la nostra città, la fontana subì gravi danni, tra cui il distacco di una epigrafe in latino incisa su una lastra di marmo rettangolare e ancora non restaurata. Il desolante aspetto del sito è acuito dalla presenza dell’immancabile spazzatura, uno spettacolo indecoroso che si presenta agli occhi dei turisti attratti dalla pescheria. Nessuna targa spiega ai turisti di cosa si tratta.
I ruderi dell’acquedotto dei Benedettini sono ancora oggi visibili all’inizio di via Tito Manlio Manzella, all’interno del parco Gioeni e nella parte alta di via Palazzotto, oltre a quelli superstiti in piazza Montessori. I primi tre segmenti della secentesca opera di ingegneria idraulica sono mortificati da uno squallido stato di abbandono: i ruderi di via Manzella sono circondati da una aiuola ormai senza la recinzione con i pali di castagno realizzata, nel 2012, a spese dei Lions Club di Catania e la tabella bilingue è resa illeggibile dai raggi solari. Quelli di via Palazzotto sono sottratti alla vista dei passanti perché ricoperti da una folta vegetazione e mortificati da una lunga fila di cassonetti, materassi, spazzatura. Pure qui nessuna tabella ne indica la presenza. Gli unici spezzoni che non hanno ancora subìto l’onta del degrado sono quelli all’interno del parco Gioeni (una bella tabella ne spiega il significato) e quelli non segnalati di piazza Montessori, che si salvarono dalla distruzione, negli anni ’70 del secolo scorso, grazie alla dura opposizione degli abitanti dei palazzi vicini quando costruirono (proprio lì!) un edificio scolastico.
Pure la meridiana di San Nicolò l’Arena, per diversi mesi dell’anno passato, fu oltraggiata da un consunto tappeto disteso in corrispondenza dell’altare maggiore. Il decoro di questo “gioiello” della Gnomonica ottocentesca sarà presto restituito grazie all’intervento del presidente della VII commissione Cultura, prof. Giovanni Grasso, che ha materialmente rimosso il tappeto e ha già reperito i fondi necessari per la sua pulizia.
È una pugnalata inferta al cuore dei catanesi l’ignobile stato di degrado in cui versa il monumento al cardinale Dusmet. Progettato dall’architetto Raffaele Leone (la statua bronzea è di Silvestro Cuffaro e gli altorilievi di Mimì Lazzaro), il monumento ha le aiuole sempre assediate dai rifiuti e la retrostante vasca circolare in pietra lavica da chissà quanto tempo senza lo zampillo d’acqua e colma di acqua verdastra e spazzatura.
Degrado perenne, infine, dentro e fuori il monumento ai Caduti del lungomare, a ridosso del piccolo borgo marinaro di San Giovanni li Cuti. Progettato una trentina di anni fa dall’architetto Renato Basile, è sempre oltraggiato dalle stupide scritte di incivili dalla bomboletta spray facile e assediato dalla spazzatura, con le due fontanelle in pietra lavica mute da chissà quanto tempo e utilizzate come ricettacolo di rifiuti.
Finisce qui il nostro viaggio nel degrado dei monumenti e ruderi storici di Catania con l’amara consapevolezza di chissà quanti altri ne abbiamo lasciato nella penna.
GIUSEPPE SPERLINGA